L’unica app veramente utile alla fase due sarebbe il genitore virtuale: un incrocio tra Siri, Alexa e un maggiordomo robot, capace di gestire una casa domotica, dire ai figli “fate i compiti”, “lavatevi i denti”, cucinare un piatto di pasta. Non se ne parla nei tavoli delle task force ma, come scrive Brunella Giovara, quello che tutte le famiglie si chiedono pensando al 4 maggio è “come cavolo facciamo?”. La scuola, questo è certo, non riapre: giusto così, non ci sono le condizioni di sicurezza. I nonni, poverini, sono soggetti a rischio e comunque non c’è ancora alcuna ipotesi di consentire il ricongiungimento familiare. Chi non ha la baby sitter sa che il bonus governativo non basta e comunque anche prendere una baby sitter ha delle controindicazioni sanitarie (infatti chi ce l’ha non sa se richiamarla o lasciarla a casa). E dunque, dalla tarda primavera a fine estate, chi gestirà i figli se entrambi i genitori lavorano?
A proposito di scuola. Gli esami di maturità degli studenti dell’ultimo anno delle superiori potrebbero essere il primo vero esame di maturità per il Paese, il primo segnale di ritorno alla normalità sociale (dopo quella lavorativa e si spera sanitaria). Lo racconta Corrado Zunino, che spiega i meccanismi con i quali la serietà della prova potrà essere salvaguardata, anche senza le prove scritte. Ci sarà un lungo colloquio multidisciplinare e, grazie al curriculum scolastico del quinquennio e del primo quadrimestre, chi farà percorso netto potrà aggiudicarsi l’agognato “cento”. Quello che però molti studenti e studentesse vorrebbero è un sogno: la possibilità di sostenere la prova a scuola, in classe, con tutto il distanziamento e i disinfettanti e le precauzioni: una vera prova di maturità, che non tolga loro il brivido della notte prima degli esami. Sarebbe una consolazione riparatoria per tutto quello che l’epidemia sta togliendo: un modo per non pensare che quest’anno, la notte potrebbe continuare a lungo, anche dopo gli esami.