Dov’ero rimasta? ah si, nel chiedervi da quanto tempo non fate qualcosa che veramente volete fare.
Io non lo facevo da molto tempo, forse da tutta la vita.
Ho sempre provato a fare la brava ragazza, carina, gentile, brava. scuola, volenterosa nel lavoro, il fidanzato storico, diventato poi marito ma ad un certo punto qualcosa ha fatto “crach”. Quel 2018 (l’anno prima della partenza, ha segnato lo sparti acque tra la mia vecchia vita e quella nuova”. Mi ero laureata in anticipo, detestavo arrivare un ritardo, mi sentivo sempre una trottola su una tabella di marcia che non avevo scritto io, e improvvisamente, avrei dimenticato l’orologio, avrei seguito il ritmo delle mie gambe e della mia mente. Ma soprattutto per la prima volta nella mia vita sapevo che sarei stata completamente sola e la cosa non mi spaventava.
In realtà la sensazione di solitudine l’avevo provata quel gennaio, quando dopo tanti anni con Federico, quella porta si è chiusa. Ma era una solitudine diversa, amara, dispiaciuta. Quella che provavo ora era vera, intensa, profumata. Succede qualcosa dentro quando si trova il coraggio dei propri desideri e si trasformano in azioni. Succede che ci si vuole più bene.
Avete mai letto “In “tutto su mia madre?” di Pedro Almodovar? Bene, la protagonista dice che “La vera autenticità non sta nell’essere come si è, ma nel riuscire a somigliare il più possibile al sogno che si ha di se stessi.”. Mi ha sempre colpito molto quesa frase ma non credo di averla mai applicata prima del Cammino.
Credo di aver sempre cercato di realizzare i sogni degli altri, senza pensare troppo ai miei.
Ero partita per Londra da sola a 20 anni, sono stati i mesi più belli e ricchi della mia vita, ma sapere. che i miei non erano d’accordo, mi faceva stare male per cui sono rientrata. Invece questa volta sarei andata fino in fondo. Avevo 10 anni in più, rispetto al viaggio in Inghilterra, e mi vedevo coraggiosa e viva, come ho sempre sognato di essere. Reattiva, scattante, entusiasta, forte eppure non avevo nulla in mano se non la certezza che lo stavo facendo.
Secondo me quando dicono che il Cammino di Santiago cambia la vita è in qualche modo vero per tutti, e forse la trasformazione inizia quando si accetta di affidarsi solo a se stessi, al proprio istinto, alla propria felicità. Quando si fa in modo che quello sia il punto di partenza e il punto di arrivo e, intanto, anche la strada, i piedi, il cielo. Insomma che il desiderio sia il fine e il mezzo di ogni cosa. Non ho mai creduto così tanto fosse possibile finchè non mi sono arresa a un fatto: basta volere e volere basta. Non servono allenamenti o equipaggiamenti, l’unica è sintonizzarsi sulla frequenza della propria voglia e soddisfazione. E partire, fermarsi, e poi ricominciare, allora verrà da sè. Però voi, i cerotti anti-veschiche, portateli lo stesso.
Dopo essermi occupata di mens sana e corpore sano io mi sentivo pronta, ma immagino che per chi compie il cammino in finalità religiosa ci sia anche un altro aspetto da contemplare. io credo, ma non avevo una spinta religiosa. Io non l’ho fatto per Dio, l’ho fatto per me, eppure in quei giorni l’ho sentito spesso, camminando, il calore di quello che gli altri privavano. L’ho visto nelle chiesette di paese, quando ne incontravo finalmente una dopo km, ma questo aspetto lo riprenderò più avanti.
Facciamo un esperimento: quanti di voi hanno mai letto un diario di viaggio scritto da qualcuno che ha fatto il cammino di Santiago? Quanti di voi hanno visto film, documentari o foto di persone che ci sono state?
Bene: come lo immaginate questo benedetto viaggio?
Io non avevo le idee molto chiare, avevo sbirciato qui e lì, più che altro pagine e resoconti legati all’organizzazione del viaggio, e mi ero tenuta a distanza da tutti i racconti più incentrati sull’esperienza, i bilanci, le trasformazioni emotive, quel famoso “Il Cammino cambia la vita” che sembra essere per tutti la conclusione.
Non solo non ero certa che sarebbe toccato anche a me questo restyling dell’anima ma mi dava quasi fastidio assistere a stravolgimenti da lacrime agli occhi, soprattutto perchè di primo acchito mi sembrava che fosse una prerogativa dei pellegrini religiosi. Secondo le parole dei fedeli che avevano percorso tutti quei km, si entra in contatto con una spiritualità diversa, si tocca l’interiorità, ci si ritaglia uno spazio e un tempo di raccoglimento quasi ascetico.
Io volevo solo camminare, faticare, non pensare, dimenticare, redimermi forse. Tutte le altre cose mi sembravano cazzate.
Non ci sarebbe stata nessuna illuminazione mariana per me, ne ero certa, e anzi speravo di non incontrare nessun Papa boy sulla mia strada.
Sara