La vita di Mirka Venturini è davvero bella e unica tanto quanto lo è lei. Il destino beffardo l’ha messa davanti a prove molto dure, ma non si è arresa mai.
“Sono innamorata dello sport, e amo mettermi alla prova” è così che si definisce. Una donna che ama la vita e che ad ogni inciampo, attraverso lo sport e la grinta che la contraddistingue ha saputo rialzarsi. Una storia come tante, forse, ma il suo equilibrio è vivere tra limite personale e voglia di superarlo, lei stessa dice: “Più la sfida è difficile, e più mi piace”.
Il ciclismo nella sua vita arriva attraverso un dono. All’età di 29 anni Alessandro, suo marito, le regalata una bicicletta per poter condividere la sua passione: il ciclismo. Il compagno però muore prematuramente.
Mirka è salita in sella e ha superato un altro limite, quello del dolore, attraverso le gare ciclistiche massacranti, gli allenamenti serrati. Lei stessa afferma “quando Alessandro è venuto a mancare, ho dovuto ridare un senso alla mia vita”.
Oggi, questo senso, resta pur sempre quello di superare i propri limiti, ma con uno sguardo e un valore altruistico, diventare un esempio di forza, per tutte quelle donne e uomini, che non trovano la volontà di rialzarsi.
Mirka infatti, all’età di 59 anni, decide di partecipare alla RAAM, proprio quando cade il trentesimo anniversario della morte di suo marito.
A giugno parteciperai alla RAAM. Perché hai scelto una gara così estrema?
“Perché credo sia la più bella gara al mondo oltre ad essere la più massacrante. Mi fu proposto di parteciparvi già nel 2003 da una persona a me molto cara e che stimo tantissimo, con cui avevo partecipato alla Parigi-Brest-Parigi: gara di ciclismo lunga 1300 km no stop.
Per quell’evento mi ero allenata tanto, ero molto preparata e questa persona mi disse che avevo tutte le carte in regola per partecipare alla RAAM. Fui sorpresa ed incuriosita da questa proposta ma alla fine rifiutai perché pensavo non fosse la gara adatta a me.
Si svolgeva negli Stati Uniti, a tanti km da casa, richiedeva un’equipe di persone sempre pronte a tua disposizione.
Io sono molto solare e socievole ma in parte anche schiva. Amo non dipendere da nessuno e l’idea di sapere che altre persone avrebbero lavorato per me, mi rendeva inquieta. Sono sempre stata abituata a fare quel che posso, ma farlo da sola, senza disturbare nessuno. All’epoca avevo 42 anni e forse anche molte più chances ma non ero pronta e mi sono fidata del mio istinto. Oggi invece, a 59, penso di esserlo! Arrivata fin qui sento di poter tracciare un bilancio di quello che ho fatto e avviarmi verso ciò che ancora potrò fare. Ho tanti sogni, tra cui quello di scalare l’Himalaya.”
Raccontaci meglio la RAAM…
“Se la potessi raccontare, vorrebbe averla già conclusa.
Quello che ti posso dire è che la RAAM ( Race Across America ) da ben 36 anni, è considerata la gara di Ultra Cycling più dura e famosa al mondo: attraversa tutti gli Stati Uniti da ovest a est, per un totale di 5.000 km, costringendo gli atleti a sforzi spesso ben oltre il limite portandoli a toccare traguardi lontani.
Partendo da Oceanside, sotto uno dei moli più lunghi della California, RAAM si estende su 3000 miglia, sale per 175.000 piedi, attraversa 12 stati e termina a City Dock ad Annapolis, nel Maryland, la mecca della costa Orientale. Il percorso attraversa tre grandi catene Montuose (Sierra, Rocky e Appalachian), quattro dei fiumi più lunghi d’America (Colorado, Mississipi, Missouri e Ohio) e le Grandi Pianure. Inoltre, tocca monumenti iconici americani come i Deserti del Mojave e Sonora, Monument Valley, Great Plains e Gettysburg.
5.000 km in sella, 35.000 metri di dislivello, tempo limite di 12 giorni per gli uomini 12 giorni e 20 ore per le donne. 21-22 ore al giorno trascorse in bici non sono uno scherzo: ci vuole una preparazione ferrea, soprattutto per abituarsi a restare seduti in sella tutto quel tempo.
Questa ultra-endurance è il 30% più lunga del Tour de France e i corridori impiegano circa la metà del tempo a completarla: negli ultimi anni i vincitori ci hanno messo mediamente 7-8 giorni, con distanze quotidiane di più di 500 km. Si pedala anche di notte, con 2-3 ore di riposo al massimo, superando difficoltà ambientali di ogni genere: dal caldo torrido del deserto dell’Arizona, al gelo delle montagne rocciose, dal vento tremendo e a volte ci si può imbattere addirittura in tornado. Tutto su strade aperte al traffico, con il rischio di incidenti sempre in agguato. In questo scenario “apocalittico”, tra problemi fisici e infortuni vari, non riesce a tagliare il traguardo più del 50% dei concorrenti. Si può partecipare a coppie, in squadra o in staffetta, ma la vera RAAM è quella condotta tutta in solitaria, e infatti il vincitore assoluto è il primo corridore della categoria “Solo” che arriva al traguardo. Portare a termine questa corsa estrema è in ogni caso già un trionfo, una sfida vinta con sé stessi e con il proprio fisico. “Ma perché lo fate?”, verrebbe spontaneo chiedere ai partecipanti. Probabilmente questi risponderebbero come fece l’alpinista Mallory prima di tentare la scalata all’Everest: “Because it’s there!”, “perché è lì…”
Sara Ferranti