La popolazione dell’isola del Giglio risulta essere resistente al Covid-19. Da qui lo studio dei possibili fattori determinanti, condotto da un team di ricercatori, coordinati da Paola Cornelia Maria Muti dell’Università di Milano.
“All’inizio non sapevamo come interpretare questa apparente resistenza al virus -spiega Muti -. La popolazione era stata già esposta al virus? Aveva, dunque, già sviluppato una propri difesa immunitaria? Con lo screening di massa abbiamo compreso che l’assenza di casi conclamati di Covid-19, successiva all’introduzione del virus nel contesto isolano, non sia verosimilmente attribuibile a un fenomeno di siero-protezione, ma ad altri fattori come il ridotto tasso di inquinamento atmosferico, le peculiari condizioni geoclimatiche e micro-ambientali, che potrebbero ridurre la carica virale del Sars-CoV-2 in fase aerea o limitarne l’infettività una volta avvenuta l’esposizione. Tra le varie ipotesi non sono da escludere neppure la genetica stessa della popolazione gigliese o il fatto che ad interessare l’isola sia stato un ceppo virale, caratterizzato da una ridotta virulenza. Si tratta di prime osservazioni scientifiche, che dovranno essere testate con nuovi studi”.
La ricerca ha coinvolto in tutto 723 persone presenti sull’isola durante i giorni dello screening (dal 29 aprile al 3 maggio), includendo residenti e non. Sul totale della popolazione residente e presente al momento dello studio (748 persone), 634 hanno partecipato allo screening (l’85% della popolazione residente). Nelle tre località isolane si sono registrate le seguenti percentuali: Giglio Castello 80% (268 persone su 336); Giglio Campese 75% (67 persone su 89); Giglio Porto 92% (299 persone su 323). Il test ha identificato un solo soggetto positivo (residente), privo di sintomatologia, confermando la presenza di anticorpi anti-Sars-Cov-2 nei due pazienti precedentemente riconosciuti come positivi tramite tampone (non residenti).
“Questo studio potrà aiutarci a comprendere meglio le caratteristiche e le dinamiche epidemiologiche, cliniche e biologiche, determinate dall’infezione Covid 19. Ecco perché abbiamo accolto la richiesta dell’Università di Milano, inviando sull’isola 1500 kit di test sierologici – afferma il presidente Enrico Rossi -. Si tratta di un primo importante contributo alla ricerca, reso possibile grazie alla fattiva collaborazione dell’intera comunità gigliese, del sindaco e dell’amministrazione comunale che hanno informato i cittadini e sostenuto l’iniziativa, e della Asl sud est, che ha assistito lo studio con specifici dispositivi di protezione individuale. Non lasciamo nulla di intentato, pur di contribuire al meglio delle nostre possibilità alla tutela della salute pubblica”.
La Toscana è, fra l’altro, tra le Regioni più attive nell’ambito della promozione di screening sierologico nel settore sanitario, sociosanitario e delle filiere essenziali più esposte al pubblico, con il coinvolgimento di circa 400mila persone. Di queste, hanno già aderito alla prima fase dello screening 51mila operatori sanitari, di cui il 2,2% è risultato positivo, ma solo l’1,1% è stato confermato positivo da successivo tampone molecolare.