Ventiquattro interminabili giorni lontana da casa. Seicento ore senza vedere i tre bambini, chiusa nel reparto blindato a combattere la battaglia della vita, contro il mostro chiamato Coronavirus. “Ecco perché voglio mandare un messaggio a chi si lamenta della quarantena in appartamento, a quelli che protestano perché temono di saltare un’estate, a chi si concentra sui pannelli in plexiglass: io darei tutto l’oro del mondo per tornare chiusa in casa coi miei figli”.
Ad affidare l’appello a Repubblica è una donna barese, mamma di tre bambini, positiva al Coronavirus e ricoverata al Policlinico da quasi un mese. L’anonimato è d’obbligo, quando ci sono dei minori da tutelare. La sua storia comincia a marzo. “Siamo stati irremovibili e precisissimi, chiusi in casa dal primo giorno di sospensione delle lezioni – racconta – purtroppo mio marito ha dovuto continuare a lavorare, pur con tutte le precauzioni. E il virus non ha scrupoli: quando pensi che a te non possa succedere, succede. Ci inciampi. E rischi di perdere tutto anche se sei giovane e forte”.
La prima febbre, poi la scoperta di un sintomo inequivocabile (la perdita del gusto) grazie alle discussioni con alcune dottoresse sulla community virtuale “Come nasce una mamma”, ideata dalla giornalista barese Benedetta Maffia. “Quando ho avuto difficoltà respiratorie, mi sono presentata in ospedale dove è arrivato il terribile verdetto: polmonite interstiziale – ricorda la donna – Così è cominciato il mio percorso faticoso e terribile. L’assistenza nel reparto è ottima, c’è una grande umanità. Ma nulla può lenire il dolore di una mamma separata forzatamente dai figli, la sensazione di impotenza e l’ansia di non potere essere vicina ai tuoi cuccioli in un momento così complicato”.
“I piccolini non sanno neppure che io sono in ospedale, sono andata via mentre dormivano: mi credono ancora in isolamento in una stanza di casa. Mio marito sta facendo miracoli perché da solo deve occuparsi di tutto, mantenendo calma e vigilanza in isolamento, seguiti a distanza dalla Asl. E perfino fare la spesa a domicilio è diventata un’impresa”.
A quarantaquattro anni, in perfetta salute, nessuno immagina di dovere giocare la partita della vita. “So che sono dura con questa testimonianza, ma qui ci sono tanti giovani come me: in dieci giorni ho rischiato di perdere tutto ciò che mi era più caro e non sono ancora fuori dall’incubo – è l’appello della donna – Care mamme rimanete nel posto più sicuro che c’è e con le persone che più amate su questa terra, ve lo chiede una mamma che è fortunata a poterne parlare ma che vive nel terrore che questa assurda malattia possa prendere un altro dei tuoi amori. Pensateci tutte”.