Il distacco è una questione privatissima,
come il ritegno con cui la luce crepuscolare
mi siede accanto al gate dell’aeroporto
pochi minuti prima che i neon si accendano.
Dolce è l’aria che vado mormorando,
suona tra le mani mentre leggo
i titoli sulla custodia, inconsapevole delle spine
scritte nello spartito dell’ensemble.
E poi partire, misurare la distanza,
ipotizzare un vento senza voce fuori la carlinga
ed imparare a pesare le stagioni
dalle variazioni di umore dovute ai suoi passaggi
Emilia Barbato