La cosa più sconvolgente di tutto questo viaggio è stato il TEMPISMO. Avevo prenotato l’aereo di andata per il 26 agosto e poi, per una serie di rocamboleschi eventi, sono stata costretta a buttare letteralmente nel cesso i soldi spesi per quel volo (non rimborsato) e spenderne altri per comprarne uno anticipato di 17 giorni esattamente il 9 agosto.

E la cosa più incredibile è che sto scrivendo oggi questo racconto da Pistoia, nella mia nuova casa, insieme ad Alessio, il ragazzo che ho incontrato sul cammino il 12 agosto (e che non avrei mai incontrato se fossi partita nella data prescelta).

Lui è nato l’11 di agosto e mi piace tanto quando mi dice che sono stata il suo regalo di compleanno. 🙂

Ma, tornando a noi…la data era giunta, lo zaino era chiuso, le tappe definite, le ultime questioni meramente pratiche sbrigate, ma la domanda che più mi annebbiava la mente era “Sei pronta per davvero?”. Avevo sistemato tutto tranne un ultimo aspetto: la preparazione interiore, spirituale o emotiva, insomma “zittire il magone e incanalare l’euforia”.

Lo sapevo che il Cammino di Santiago è un’esperienza diversa da tutto il resto delle cose che avevo fatto nella vita, è un’avventura nel vero senso della parola. Il vocabolario definisce avventura “un’impresa rischiosa ma attraente e piena di fascino per ciò che vi è in essa d’ignoto o d’inaspettato” e mi sembra perfettamente calzante.

Quando ho deciso di partire mi sono frullate nel cervello mille domande: “sarebbe stato altrettanto bello farlo con un amico o con un probabile fidanzato? Di cosa avrei dovuto avere paura? E se non fossi arrivata fino in fondo? Stavo scappando da qualcosa? Volevo ottenere qualcosa? Dovevo preparami a una conversazione religiosa, stile folgorazione sulla via di Damasco?

Avere tutti questi interrogativi e sentire emergere tutte le insicurezze era assolutamente normale, stavo per fare qualcosa che non ha punti fermi se non la partenza e l’arrivo e che richiede uno sforzo fisico e d’animo non indifferente. E sarei stata lontana da tutto.

Mi ricordo, oggi, quelle giornate con molta tenerezza, cercavo di rispondere razionalmente a ogni questione, anche se il più delle volte mi aiutava occuparmi delle cose materiali, fare una lista dei documenti o camminare per il mio paese, per ammorbidire le scarpe e testare la mia resistenza ai chilometri.

Da quando ho deciso di fare il cammino fino al giorno zero, non ho pensato ad altro, volevo solo andare e vedere davvero cosa c’era dietro quel primo passo.

Pensavo, tanto, troppo e poi ho imparato a godermi l’incognita, a racchiudere la magia del cammino in quel non sapere, a considerarla una occasione più unica che rara. Ci pensavo… da quanto tempo non facevo nulla di così incerto?

Un viaggio di questo tipo è molto diverso dalle vacanze pianificate fin nel dettaglio, da un weekend romantico o dalla fuga estiva con gli amici.

Non ci sono scadenze, nessun planning da rispettare, tutto è scandito solo da voi, potreste accelerare il passo e fare 50 km in un giorno o decidere di stare quattro ore a guardare lo stesso panorama. Dipende tutto da voi. 

Da quant’è che non vi succede?

Sara

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