Questa serie di brani sul “Camminare” a chi li dedico? A mamma e papà che sono sempre state le mie gambe, e ad Ale che è la mia strada.
Mamma, è ricoverata in ospedale a Verona (proprio il periodo giusto, eh?!) ha subito un grosso intervento e da venerdì 6 marzo nessuno di noi è più riuscito a vederla perchè da sabato 7 marzo gli accessi in ospedale (giustamente) , sono stati bloccati.
E’ difficile spiegare quanta preoccupazione mi sento addosso, quanta tenerezza mi fa lei sola in quella corsia, e quanta mio papà che è rimasto a Verona e passa in ospedale davanti quella porta chiusa ogni giorno perchè, anche se non la può vedere, si sente vicino a sua moglie.
Anche mia mamma, in questo momento, non può camminare e quest’ennesima vicinanza con la “NON MOBILITA'” è stata un input per scrivere questa seconda, chiamiamola, “puntata”.
Avrei voluto avere una storia incredibile da raccontare su apparizioni, momenti di svolta e consapevolezza, sogni premonitori e sliding doors, sarebbe stato molto più facile scrivere qualcosa di decente…
Ma la verità è che io sono una ragazza normalissima e come ho detto più volte, il vero motivo per cui sono partita è stata la promessa fatta stesa su un letto d’Ospedale, quando non potevo muovere le gambe e la trombosi sembrava avermi portato via ogni mobilità. Presa dal panico ho pregato talmente forte che ho giurato che se mai avessi camminato di nuovo, sarei partita.
A quel punto (io non sfido di certo il Divino, eh?!) non potevo più tirarmi indietro. Ho preso tempo, non ero sicura, ho fatto in modo di guarirmi per davvero. Ne ho parlato poco e con poche persone inizialmente forse per paura dei soliti giudizi…in fondo, riflettendoci bene però, il Cammino di Santiago, per una come me, non era poi questo grande colpo di testa. A poco più di 20anni sono partita per Londra completamente sola (e credo di aver fatto perdere 10 anni di vita a tutto il parentado).
Ma io sono sempre stata molto decisa nelle mie cose. Infondo avevo scelto una via, anche se sembrava faticosa, mi sono guardata intorno e ho trovato lì dentro ciò che poteva andar bene per me. Non era esattamente quello che avevo fatto nell’ultimo anno? La vocina interna mi diceva “Perchè no, scusa?!”. Quindi decido, parto, al massimo se non ce la faccio torno a casa.
Lo avrei capito settimane e km dopo la vera motivazione che mi aveva portata sul cammino, quando alla domanda che tutti i pellegrini fanno “Perchè sei qui” io rispondevo “Perchè ho le gambe!”. Il che vale molto di più di una promessa.
Ed è comunque vero. E nonostante le ragioni di quelli che ho incontrato sembravano essere più esistenziali della mia, mentre camminavo mi guardavo le gambe e mi sembravano la cosa più magica che avessi mai avuto. E come ho detto ieri, spesso le sottovalutiamo.
Di certo ho capito, che dovevo smettere di lamentarmi e che per andare avanti serve quello che abbiamo già. Il nostro corpo, il nostro coraggio, la nostra forza e un pizzico di incoscienza.
Dopo la scelta che, come vedete, è stata piuttosto “obbligata”, la cosa più difficile è stata non cambiare idea…
Questa serie di racconti, infondo, sono come il mio cammino: l’impresa azzardata di una ragazza mediamente allenata alla scrittura ma con tanto ancora da imparare, che si è imbarca in un’avventura più grande di lei per la quale forse non è pronta, che non sa dove andrà a parare ma intanto mette un piede davanti all’altro.
Se prenderò delle storte o mi vedrete tentennare, siate clementi e continuate ad accompagnarmi in questo viaggio.
Sara