Un Atelier-Laboratorio in cui si producono ritratti, gioielli e capi d’abbigliamento. Eppure, non è una sartoria e nemmeno un laboratorio di pittura. In via delle Pappe, a Pistoia, si fa il Batik, grazie all’ingegno e alla maestria di Annalisa Fusilli, unica a lavorare il Batik in un atelier a Pistoia.
Batik. Una parola che per i più resta sconosciuta. Una tecnica? Non esattamente. Il Batik, infatti, è un’arte. E’ l’arte di decorazione e colorazione del tessuto proveniente dall’isola di Giava, in Indonesia. E com’è arrivata quest’arte a Pistoia? Incredibile ma vero, da quello che all’epoca era chiamato Istituto d’Arte, oggi Liceo Artistico. E’ Annalisa, infatti, a raccontarci la sua personalissima avventura. Annalisa, infatti, non è soltanto un’artista del Batik: la sua maestria, infatti, l’ha portata e la porta tutt’ora in giro per diverse mostre di settore in Italia ed è anche l’autrice dei ritratti-premio che vengono donati ogni anno ai musicisti Soul del Porretta Soul Festival. Tanto per citare qualche nome, i suoi ritratti si trovano in casa dei parenti di Rufus Thomas, Solomon Burke e di Don Bryant.
Annalisa, raccontaci il tuo incontro con il Batik.
“Ho imparato la tecnica del Batik a scuola, quando avevo 14 anni. La mia professoressa dell’epoca, insegnava ai suoi allievi che sceglievano l’indirizzo tessuto questa speciale tecnica. Finiti gli studi lavoravo a Prato per dei maglifici ed era l’epoca in cui andavano di moda i vestiti dipinti a mano. Ho cominciato a lavorare, così, per conto terzi e nel 1986 ho aperto l’Atelier in questo locale che è di proprietà della mia famiglia”.
Hai sempre lavorato qui?
“Si, anche se a fasi alterne. Ho aperto nel 1986, quasi subito dopo aver finito gli studi. Poi nel 2001 ho interrotto l’attività e riaperto nel 2015. Da allora non ho mai chiuso”.
Ci parli esattamente dell’arte del Batik? Per molti è praticamente sconosciuta…
“L’arte del Batik si applica al tessuto ma non con il pennello e il colore. E’ nata nell’isola di Giava, dove si decorano con quest’arte i vestiti delle donne. Sostanzialmente io la chiamo arte del dipingere al contrario, perché si colorano le parti che in realtà non vengono delineate”.
Sembra davvero un lavoro particolare. Spiegaci meglio la tecnica, passaci il termine.
“Si utilizzano degli strumenti che arrivano necessariamente da Giava. La cera d’api viene sciolta con il calore e viene utilizzata come una penna che delinea i perimetri e le figure che non intendo colorare. La cera, infatti, impermeabilizza il tessuto e quando si usa il Batik, bisogna avere bene in mente il tipo di lavoro che si vuole portare su stoffa. Successivamente, il tessuto viene immerso in una vasca di colore, poi va sciacquato e fatto asciugare. Possono essere fatti più strati di colore e, a seconda del tipo di disegno e di sfumature, il lavoro diventa più complesso”.
I colori li prepari tu stessa?
“Certamente, li preparo da me. Si prediligono, comunque, tessuti naturali come seta, cotone e lino. Naturalmente, sta alla maestria dell’artista saper sovrapporre i colori e creare un effetto armonico. Stessa cosa vale per i soggetti che vengono disegnati con la cera”.
La cera viene successivamente tolta dal tessuto?
“Si, la cera viene tolta con il ferro da stiro, con molta attenzione. Poi il tessuto viene portato in lavanderia e così ritorna nuovamente morbido”.
Quanto tempo ci si impiega per un lavoro a Batik?
“Dipende dal tipo di disegno. Da uno a 20 giorni, a volte anche un mese”.
Il tuo Atelier è pieno di oggetti di ogni tipo: noto anche dei meravigliosi ritratti, ma anche stole, sciarpe, borse e perfino gioielli. Con il Batik è possibile realizzare di tutto?
“Certamente. Io adoro realizzare alcuni ritratti a Batik, ma anche capi di vestiario. Per i gioielli, ad esempio, uso la resina epossidica, che va sciolta. All’interno, inserisco della seta colorata e così si crea l’effetto desiderato con il Batik. Per le borse e i portafogli, utilizzo la tecnica Batik e poi porto la stoffa da alcuni artigiani di Lucca per confezionare la borsa”.
Che tipo di cliente apprezza il Batik?
“Principalmente io lavoro su commissione o se qualcuno vuole fare un regalo particolare e unico. Il mio è un Atelier dove io realizzo dipinti a olio e in acrilico su tela, e poi propongo anche il Batik. Ci sono gli amanti del Batik, ma sono degli intenditori e quelli invece che approdato per caso a Pistoia e allora si innamorano. Qualche anno fa il Batik veniva utilizzato per fare le testate dei letti”.
Hai mai avuto possibilità di esporre i tuoi lavori?
“Si, certamente. E dal 10 aprile al 3 maggio sarò in mostra insieme ad altri quattro artisti da tutta Italia che fanno Batik a Soriano nel Cimino, in provincia di Viterbo. Inoltre, i miei lavori sono stati usati come doni al Porretta Soul Festival”
E’ per questo che vedo alcuni ritratti di artisti qui esposti?
“Assolutamente si. Infatti mi sono follemente innamorata del Soul. I ritratti di Rufus Thomas e Solomon Burke sono a casa del loro figli. Un ritratto di Otis Redding è andato in una scuola musicale australiana. Wee Willie Walker è morto lo scorso anno ed ha ricevuto il mio ritratto e, infine, l’anno scorso è stato premiato Don Bryant, sempre con un ritratto a Batik. E’ stata davvero una grande soddisfazione. A Porretta, inoltre, l’anno scorso tutte le vetrine dei negozi hanno ospitato miei lavori, come una grande mostra itinerante”.
Secondo te il Batik, così come tutti i lavori artigianali, hanno un futuro?
“Si, secondo me la gente tornerà a rivalutare l’artigianato. Perché sono cose uniche e irripetibili. A conti fatti, non è neanche una spesa così onerosa. Costa molto di più una sciarpa firmata piuttosto che una artigianale, con la differenza che ti porti a casa un pezzo unico. Il Batik non ha un futuro perché Batik. Ha un futuro perché è arte. E’ arte da indossare”.