Il progetto Luna Rossa è nato con una decisione improvvisa nel ’97, tre anni dopo era già in finale di America’s Cup. Poi lunghi anni di consolidamento con tante altre sfide e vittorie, una più bella dell’altra, ma anche con sconfitte e delusioni. La storia di Luna Rossa è contraddistinta da una parte da costanza e lunga durata, dall’altra parte da improvvise accelerazioni. Progettualità e imprevedibilità. Che cosa di questi due elementi è più importante nella vela?
“Ve lo potrò dire fra poco più di due anni! A parte gli scherzi, credo che siano numerosi gli elementi importanti…Una squadra coesa, il lavoro di gruppo, la precisione sui dettagli…anche se non sempre le variabili sono tutte prevedibili. Sicuramente oltre alla parte progettuale posso dirvi che nella vela e in un team di Coppa America giocano un ruolo fondamentale anche altri elementi, tra cui cito quelli che per me rivestono un’importanza primaria: l’ attaccamento alla maglia e al team, saper ascoltare e mettersi in discussione, essere in grado di confrontarsi ai vari livelli, essere determinati, avere l’atteggiamento giusto e, soprattutto…una barca veloce! Perché una sfida all’America’s Cup esista, perché sia competitiva, non basta perfezionare quello che si è sempre fatto, non è sufficiente proseguire nel solco della tradizione. Si deve provare a immaginare il futuro, si deve provare a renderlo concreto.
L’inventiva dell’uomo e lo sviluppo tecnologico oggi fanno volare sulle onde. Mentre tutto apparentemente cambia, che cosa rimane sempre valido per un velista?
Di certo la Coppa America, così come può essere la Formula 1, rappresenta il massimo in termini di tecnologia e sperimentazione. Basti pensare che negli ultimi anni, nella vela, ci sono sempre più ingegneri aerospaziali e sempre meno architetti navali. Per esempio l’ala rigida rappresenta il massimo in termini di efficienza aerodinamica utilizzata nel settore nautico. Ora, però, stiamo sviluppando anche delle soluzioni soft, cercando di mantenere l’efficienza di un’ala rigida ma migliorando, allo stesso tempo, le problematiche di tipo logistico. Questo affinché la tecnologia che usiamo possa un giorno essere adottata dalla nautica da diporto. Oggi, su molte barche da crociera, vengono utilizzati sistemi di piloti automatici che sono stati sviluppati da noi negli ultimi anni, con grandi benefici: tutti vogliono volare sulla superficie dell’acqua. La vela diventa sempre più emozionante, non solo perché più veloce ma anche perché i mezzi a motore consumano sempre meno e, soprattutto, inquinano meno: un aspetto sempre più importante da considerare. Innovazione dunque ma senza dimenticare mai l’aspetto umano…l’uomo resta sempre un fattore fondamentale.
Che importanza può avere per il “brand” Italia il lavoro del vostro team?
L’ITALIANITA’ é uno dei valori fondamentali del team. Il protocollo della 36^ America’s Cup ha voluto ripristinare uno degli aspetti più caratterizzanti della tradizione della Coppa America, ovvero che il Challenger e il Defender siano espressione della nazione da cui provengono. Le regole di questa edizione infatti, prevedono che ogni team vari barche costruite nel paese di origine e che in regata almeno il 20 per cento dell’equipaggio sia della nazionalità dello Yacht Club sfidante. Da questo punto di vista, Luna Rossa è andata oltre.
Per il team, l’italianità non è solo una regola da rispettare. L’italianità è scritta nel codice genetico di questa sfida. Non solo le barche vengono costruite interamente in Italia, ma anche l’equipaggio, ad eccezione dell’australiano James Spithill, è costituito da velisti italiani e la lingua parlata a bordo di Luna Rossa è l’italiano. L’italianità della sfida di Luna Rossa è incarnata dalle eccellenze mondiali coinvolte, a partire dai co-title sponsor Prada e Pirelli, dallo sponsor ufficiale Officine Panerai insieme a tutti quei piccoli e grandi fornitori italiani abituati a fare la differenza nel mondo. “Negli ultimi anni abbiamo sigillato moltissime partnership, soprattutto con aziende italiane. Girando per l’Italia alla ricerca di tecnologia, ho scoperto una realtà a me sconosciuta ed è emerso che l’Italia è leader a livello mondiale in tantissimi settori, sopratutto tecnologici. Le nuove barche sono sempre più simili a piattaforme volanti, pertanto simili per certi aspetti agli aerei. Per questo, i relativi sistemi e controlli che usiamo per agire sulle derive o per regolare le vele sono sofisticatissimi e, in una competizione, possono fare veramente la differenza. Abbiamo circa cinquanta partnership con aziende altamente tecnologiche, più o meno grandi, che collaborano costantemente con noi per raggiungere il nostro obiettivo.
Max Sirena, i suoi inizi nella vela risalgono a quando era ancora giovanissimo e viveva a Rimini. Com’è nata la sua passione?
“Dalla passione per il mare, perchè tutto inizia da quella! I miei genitori lavoravano entrambi: mio padre era un libero professionista, mia madre gestiva un albergo a Rimini, praticamente attaccato alla spiaggia. Tutto avvenne in maniera naturale, nel senso che il posto più sicuro, ma soprattutto per non avermi tutto il giorno in albergo a combinare guai, era la spiaggia. Di fronte all’albergo c’era una scuola vela e wind surf: avevo circa otto anni e venni catapultato in un mondo nuovo per me; fino ad allora giocavo al calcio in strada, come tutti i ragazzini. Lì trovai un ambiente bello, puro, ma soprattutto trovai un sun fish abbandonato da un vecchio cliente della scuola. Il proprietario, dopo avermi visto gironzolare per qualche giorno attorno all’imbarcazione mi disse: “Se non fai troppo casino e la rimonti da solo, è tua”. Da lì in poi tutto avvenne molto rapidamente. Dopo qualche anno iniziai ad andare in wind surf, fatto che mi fece innamorare definitivamente del mare e della vela. Mi ricordo che a scuola sceglievo sempre un banco vicino alla finestra, perchè volevo vedere se c’era vento e scappare appena possibile per andare in mare!
Che cosa porta con sé della sua storia di uomo di mare e sportivo riminese? “La Rimini-Corfù-Rimini è stata per me la prima vera vittoria in una regata a quei tempi molto importante, soprattutto perchè avvenne in maniera molto casuale. Due giorni prima della regata, infatti, un membro dell’equipaggio si ammalò. Bert Mauri, lo skipper della barca, mi chiamò: fu il giorno più bello! Avevo lavorato nei ritagli di tempo e ogni sabato e domenica alla preparazione della barca e la conoscevo come le mie tasche! Dalla Rimini-Corfù fino al ‘97, anno in cui entrai a far parte del team di Luna Rossa, furono dieci anni intensissimi, costellati di successi e regate in giro per il mondo: regate lunghe monotipo match race. Lavorai in più velerie, o con attrezzisti, mantenendo sempre la volontà di conoscere e di imparare il più possibile il lavoro sulle barche. Non mi bastava il solo lato sportivo, volevo diventare anche un bravo tecnico.”
Avrebbe mai immaginato di arrivare così avanti in questo sport?
“Quando mi chiamarono per provare con Luna Rossa, mi ricordo come fosse ieri, mi misi a piangere! Da piccolo, a dieci anni, sapevo già esattamente cosa volevo fare da grande: andare per mare. E dopo Azzurra, il mio obiettivo era quello di partecipare alla Coppa. Sono stato molto fortunato nella mia carriera: ho avuto l’opportunità di regatare con i migliori al mondo ed ho vinto tanto anche al di fuori della Coppa, che comunque sono riuscito a portare a casa due volte. Forse per motivi ed esperienze personali non penso mai troppo ai successi del passato: appena raggiungo un traguardo mi concentro subito sugli obiettivi ancora da raggiungere. Ora devo cercare di terminare la missione: vincere per l’Italia con Luna Rossa! E farò di tutto, pur sapendo che si tratta di un’impresa difficilissima.